Andrea Bianchi: “Momento di uscire dalla nicchia” Senza categoria

Dove vuole arrivare ChiantiBanca? Cosa c’è dietro la campagna di acquisizioni di istituti di credito cooperativo, dal Credito Fiorentino che fu di Denis Verdini fino alla Bcc di Pistoia e a quella dell’area pratese?

Aggregazioni, ancora da chiudere, che faranno crescere la banca delle dinastie del vino, fino a farla diventare la prima Bcc del Granducato e la terza in Italia, dopo Roma e Alba.

«Non guardiamo alle classifiche – è la replica di Andrea Bianchi, direttore generale di ChiantiBanca – il progetto di fusione con Pistoia e area pratese ricorda l’acquisizione del Credito Fiorentino. Ci siamo resi disponibili a risolvere situazioni complicate, di stringere sinergie con banche che hanno avuto un passato un po’ turbolento».

Come il Credito Fiorentino, anche le altre due hanno avuto blemi. Siete i salvatori delle Bcc in crisi?

«Non è un’etichetta che mi piace. Preferisco quella di una cultura del credito cooperativo da irradiare in altri territori. Da casi incidentali, però, possono nascere progetti ambiziosi. Come quella di dar vita a una banca che possa diventare un nuovo punto di riferimento. Noi vogliamo fare impieghi, ciò che vorrebbero fare tutte le banche. Sembra strano, ma bisogna rincorrere le possibilità di prestare denaro alle imprese. Non è sufficiente cullarsi in una nicchia, bisogna ragionare in termini regionali».

Con Prato e Pistoia puntate a diversificare anche i settori?

«Anche questo è un motivo per i progetti di fusione. Passare dal vino e dal terziario al vivaismo e all’industria tessile, diversificare i rischi puntando su economie varie e su altre zone geografiche, è un passaggio fondamentale. La tecnologia ci aiuta: con un numero piccolo di filiali, che diventeranno 52 a fusioni completate, dopo le assemblee, potremo toccare quota 100mila clienti e 25 mila soci».

Non sono troppi per gestire una banca?

«ChiantiBanca vuole tenersi stretti i suoi soci, con un bel pacchetto di convenienze economiche, oltre che vantaggi morali. Abbiamo una mutua che è la seconda in Italia per numero di adesioni, sembra incredibile ma è così. Il radicamento di un territorio passa anche per questo. E non è difficile mantenerlo, persino se la crescita ti porta lontano».

Avete assorbito tutte le magagne del Credito Fiorentino?

«Qualche traccia c’è ancora, ma è assorbita nei numeri virtuosi della banca. Il nostro totale di crediti deteriorati è al 16%, le altre banche che assorbiremo superano il 32%. Tecnicamente sono incorporazioni, noi preferiamo parlare di matrimoni a tre per progetti condivisi».

Ci saranno esuberi?

«Oggi abbiamo 285 dipendenti, con le fusioni arriveremo a 470. Dovremo trovare rimedi, attiveremo procedure di riassorbimento, di incentivi al prepensionamento. Ma avremo sicuramente più di 400 dipendenti. Il progetto prevede aperture di filiali, a partire da Pisa per arrivare fino ad Arezzo».

Province con grandi banche in crisi. Fate un pensierino al bacino di Banca Etruria?

«Guardiamo a tutti gli imprenditori che avrebbero bisogno di sostegno e non riescono a trovarlo nelle banche di riferimento. Ma se lei mi chiede di ipotesi di interventi, ribadisco che resteremo banca di credito cooperativo».

Anche se la riforma vi obbligasse a trasformarvi?

«Aspettiamo il testo con curiosità e con un pizzico di ansia. L’idea del gruppo unico comporta il rischio di usare i patrimoni di banche sane per salvare mele marce».

Siete talmente ambiziosi che nominerete presidente un banchiere come Lorenzo Bini Smaghi…

«La famiglia Bini Smaghi è una socia storica di ChiantiBanca. Il presidente di Snam si è avvicinato al credito cooperativo con uno spirito da civil servant, ci segue da anni e, quando gli abbiamo chiesto la disponibilità, ha dichiarato di essere attratto dal nostro progetto».

Intervista realizzata da Pino Di Blasio, su QN di martedì 20 ottobre 2015

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