Di fronte a un bivio DAL TERRITORIO
autore: Cesare Peruzzi
Giornalista

ANCHE PER L’ECONOMIA FIORENTINA ci sarà un prima e un dopo coronavirus. Lo stop imposto dall’emergenza sanitaria, che ha coinvolto circa il 70% delle attività, lascerà sicuramente il segno negativo in termini di Pil e di posti di lavoro (oltre che nella percezione delle persone), ma potrebbe anche rappresentare l’inizio di una nuova storia, più moderna e performante. A patto che le imprese e le filiere produttive sappiano approfittare della crisi per fare un salto di qualità, accelerando sul fronte della digitalizzazione e (quando necessario) ripensando il modello di business. 

La forza economica della Città Metropolitana, quasi 35 miliardi di Pil, 16 miliardi di export, un tasso di disoccupazione del 5,8% prima dell’uragano Covid-19, è da sempre strettamente legata alla forte diversificazione: la filiera turistica è molto importante, ma non esprime più del 10% del valore aggiunto provinciale, contro il 24% del manifatturiero e oltre il 50% del terziario, compreso un sistema bancario forte e ben articolato. A sua volta, l’attività di trasformazione può contare su più motori trainanti: dalla moda-pelletteria alla farmaceutica, dalla meccanica al comparto vinicolo- alimentare. Le esportazioni, ormai oltre il 40% del Pil, hanno dato ossigeno a questo sistema, consentendogli di superare bene la crisi del 2008-2010. 

Ma i punti di debolezza non mancano, a cominciare dal perdurare delle difficoltà del comparto delle costruzioni. Poi c’è da ricordare lo scarso livello di strutturazione delle aziende: a fronte di gruppi leader (in Italia e nel mondo), come Gucci, Ferragamo, Menarini, Beker Huges-Nuovo Pignone, Antinori, Frescobaldi, solo per citarne alcuni, ci sono migliaia di piccole e piccolissime imprese, spesso legate al sistema della fornitura ma non solo, con un livello di digitalizzazione basso e una struttura finanziaria fragile. Nel tempo non è nato in questo territorio un tessuto adeguato di medie imprese, che pure ci sono e anche importanti ma non quante ne servirebbero. 

A queste due fragilità (scarsa digitalizzazione e dimensioni d’impresa ridotte), si aggiunge l’inadeguatezza del sistema formativo per cui, su una media di 8mila posti di lavoro disponibili ogni mese nell’area, il 35% delle figure professionali richieste non è reperibile: non si trova perchè mancano i giovani preparati, soprattutto per quanto riguarda mestieri tecnici e legati all’informatica. La questione del mismatch sul mercato del lavoro è percepita come problematica dalla maggioranza delle imprese fiorentine e toscane (60%). Fatica il comparto del turismo, che ha bisogno di professionalità più elevate (e finalmente a Firenze si parla di una scuola di alta hotellerie), e sono in difficoltà le imprese della metalmeccanica e della logistica, settori esposti alle trasformazioni tecnologiche della quarta rivoluzione industriale, così come le aziende di pelletteria, espressione di quel made in Italy di successo che ha fornito il carburante per la corsa delle esportazioni negli ultimi anni. 

Lo sforzo, in questo momento, deve essere quello di utilizzare gli strumenti a disposizione per effetto della crisi-coronavirus (dalle agevolazioni finanziarie alla disponibilità di tempo) per colmare alcune di queste lacune, come per esempio ridurre il gap digitale che taglia fuori dal mercato globale buona parte delle attività di questo territorio (neppure il 20% delle imprese utilizza l’e-commerce), oppure individuare nuove modalità di produrre e di lavorare grazie alla digitalizzazione e allo smart working. Non a caso la Camera di commercio di Firenze attraverso il proprio Pid (punto impresa digitale) ha intensificato i servizi formativi e informativi online, mettendo in condizione imprenditori, professionisti e semplici cittadini di sfruttare lo stop obbligato in un’ottica di crescita e di riconversione, magari guardando a modelli di business più innovativi. 

Se alla fine dell’emergenza sanitaria (e del conseguente tzunami economico), quando augurabilmente le attività ripartiranno a pieno ritmo, il sistema fiorentino avrà conseguito una maggior consapevolezza dei propri mezzi e una migliore conoscenza degli strumenti tecnologici disponibili, allora potremo dire che non tutto il male sarà venuto per nuocere. In altre parole, le imprese (tutte, dal commerciante all’artigiano) devono sforzarsi di mettere a frutto questa esperienza per molti versi drammatica guardando al futuro, in un’ottica di ripartenza. E, alla fine, il territorio sarà più forte e competitivo. 

 

Cesare Peruzzi è responsabile dei rapporti con la stampa per la Camera di Commercio di Firenze. E’ stato direttore di Toscana 24-Il Sole 24 e inviato del Sole 24 ore