Riportiamo l’articolo di Laura Serafini su Il Sole 24 Ore di domenica 7 agosto, nel quale si dà conto dei movimenti relativi ai rapporti fra Bcc e Gruppo Bancario in termini di autonomia delle prime nei confronti del secondo.
Il nuovo gruppo bancario del credito cooperativo disciplinato dalle disposizioni della Banca d’Italia in consultazione da qualche settimana non lascia molto spazio all’autonomia delle Bcc.
Il documento ribadisce il carattere mutualisticodelgruppo,fissatrai doveri della capogruppo quello di rispettare quel carattere e le esigenze del territorio, ma nei fatti attribuisce allaholdingpoteri così stringenti da plasmare le Bcc più come affiliate commerciali che comebanche autonome.
Il sistema cooperativo, coordinato da Federcasse, sta raccogliendo in questi giorni obiezioni e correttivi che intende apportare al documento posto in consultazione (c’è temp o fino a113 settembre per replicare). Sono tre gli aspetti che hanno provocato un certo mal di pancia nel sistema.
I forti poteri attribuiti alla capogruppo (che vanno recepitipoinel contratto di coesione) sulle nomine nei cda delle Bcc: ogni candidatura deve essere sottoposta a una consultazione preventiva della holding, la quale tra l’altro fissa i criteri di qualità e reputazione dei candidati (molti più stringenti di quanto previsto dal Tub).
E ancora: rispetto alla legge di riforma, c’è un giro di vite per quanto riguarda la gestione di rischi e i controlli. La spa hail compito didefinire, tra le altre cose, le politiche «dell’intero processo di concessione del credito e della gestione del rischio relativo (misurazione del rischio, istruttoria, erogazione, valutazione delle garanzie anche immobiliari, controllo andamentale, revisione delle linee di credito, classificazione delle posizioni di rischio, politica degli accantonamenti, valutazione e gestione delle esposizioni deteriorate)».
Una disciplin ache entra nel merito delle politiche del credito nei minimi dettagli, difatto togliendo ogni autonomia nell’erogazione dei prestiti. Anche il sistema dei controlli sui rischi consente alla spa un «ampio novero di interventi con finalità di prevenzione e correzione delle anomalie» anche con la «possibilità incidere sulla situazione patrimoniale e di liquidità, chiedere dismissioni» e quant’altro.E ancora: tutte le operazioni di rilevanza strategica, tra cui fusioni e aggregazioni, devono essere approvate preventivamente dalla capogruppo.
L’obiezione di fondo del sistema è che questi poteri debbano essere però ricalibrati, riducendoli nei confronti delle banche più virtuose e aumentandoli per chi presenta maggiori rischi.
«Le disposizioni attuative non possono non essere coerenti con lo spirito e la lettera della norma primaria di riforma delle Bcc – afferma Sergio Gatti, direttore generale di Federcasse -. I numerosi punti di originalità rispetto ai gruppi bancari tradizionali vanno sviluppati e non attenuati. E gli obiettivi di natura prudenziale debbono es serebilanciati con quelli di efficienza e competitività. Il principio risk based va compiutamente declinato soprattutto con riferimento all’intensità dei controlli (comunque sempre basati su metodologie e parametri univoci), ai processi di nomina degli esponenti delle Bcc e agli assetti organizzativi. I doveri e le responsabilità della capogruppo vanno ulteriormente chiariti, mentre i criteri compensativi ediequilibrata distribuzione dei vantaggi derivanti dall’attività comune meritano di essere più nettamente definiti. L’impostazione generale dovrebbe seguire una linea di minor dettaglio per evitare di condizionare troppo le soluzioni organizzative e i processi gestionali».
Sulla stessa linea Mauro Pastore, direttore generale diBccRoma (la più grande per patrimonio, che ha approvato una semestrale con un aumento del 6,7% dell araccolta, a 11 mil ardi, e un utile netto di 11,2 milioni). «Il principio risk based previsto dalla legge di riforma non viene adeguatamente recepito nelle disposizioni attuative, che invece trattano tutte le Bcc allo stesso modo, senza proporzionare l’autonomia al livell o di rischio commenta -. In questo modo il nuovo gruppo sarà subissato da incombenze burocratiche, ad esempio solo per approvare preventivamente le nomine in centinaia di banche o le fusioni servirebbe una struttura ad hoc di grandi dimensioni».
Da inizio anno a oggi, tra l’altro, già sono state realizzate decine di nuove aggregazioni tra le Bcc, il cui numero è sceso in 6 mesi da 364 a 337. E il processo continuerà ancora senza sosta. Le disposizioni stabiliscono, inoltre, che lo statuto della capogruppo possa prevedere che sino alla metà del suo board sia composto da esponenti delle banche affiliate piùvirtuose.
Viene definito il meccanismo delle garanzie in solido (cross guarantee scheme) che fa perno sulla capacità di mettere a disposizione della capogruppo le risorse finanziarie impegnate dalle aderenti, attraverso, ad esempio, la costituzione presso la capogruppo di buffer di capitale e liquidità da utiizzare per misure di sostegno infragruppo.
Laura Serafini – Il Sole 24 Ore – Domenica 7 agosto 2016
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